PREMESSA
Per motivi di lavoro quest’anno ho avuto l’occasione di incontrare diversi ragazzi dai 19 ai 27 anni, di farli parlare di se stessi e di come immaginano il proprio futuro.
Con questi post dal titolo La meglio gioventù racconterò di alcuni dei ragazzi che ho incontrato
Qui l’articolo precedente di La meglio gioventù: Lisa
Matilde ha 27 anni, è minuta e castana, ha tatuaggi e piercing qua e la per il corpo, due grandi e profondi occhi su un volto dai tratti delicati. Nel suo look dominano i colori scuri, porta grossi anelli, catenine e braccialetti. Ha estro artistico. E’ tosta, ha un forte desiderio di autonomia, lavora per mantenersi agli studi, Cremona le sta stretta e un giorno vorrebbe andarsene via.
Matilde ha delle crepe.
Quando ha chiesto troppo a sé stessa ha avuto un crollo e la sua vita e i suoi programmi hanno subito un arresto. Si è fatta aiutare ed ora sta ricominciando da dove tutto si era interrotto. Però è stanca e non trova più la forza di lottare per raggiungere i suoi obiettivi. La fatica di studiare e insieme lavorare è tanta, e il dilemma è tra continuare gli studi e prendere finalmente una laurea di cui però non le importa più nulla, o cercare un lavoro e costruirsi l’indipendenza cui tanto agogna. Questa seconda scelta però limiterebbe il suo orizzonte futuro.
Mi chiede: Tu cosa faresti al mio posto?
Io lo so cosa farei al posto suo, ma non posso dirglielo. Deve trovare la risposta dentro di sé. Quello che posso dirle è quanta bellezza e forza vedo in lei, nelle sue crepe, nelle sue zone d’ombra. La bellezza di chi cade, si rompe, ha il fiato corto. Ma anche di chi poi si solleva e si riconcilia con la propria fragilità.
Matilde prova vergogna se si paragona a coetanei che hanno raggiunto già degli obiettivi, sono più avanti nel lavoro, nello studio, nella vita.
E allora le ricordo che la vita non è una gara ma una lenta costruzione in cui capacità e opportunità, scelte e necessità pesano quasi allo stesso modo. Di fronte a me, le dico, non vedo una ragazza ma una donna che, attraverso la sperimentazione in prima persona del proprio limite, della propria fallibilità, ha acquisito un cuore saggio, e oggi riesce ad avvicinarsi agli altri con un’empatia tale da trasformare la sua fragilità in forza.
Perché la fragilità è, in fondo, l’espressione della condizione umana.
Mi piace chiamarla Matilde, come la protagonista del film Freaks out di Gabriele Mainetti. Matilde è una adolescente con lo stupefacente potere di produrre elettricità. Lei però non usa il suo potere, è insicura, è terrorizzata di sbagliare, e, come già successo, di far del male agli altri. Come in ogni romanzo di formazione crescerà, arriverà ad accettarsi e ad avere una nuova consapevolezza di sé. La sua storia, ricca di dolore, ma anche di estrema umanità e dolcezza, la porterà ad usare il suo dono per proteggere chi ama.