Lui è un dominante maschio alfa. E’ arrivato in casa nostra 6 anni fa e ci si è accomodato sentendosene subito il padrone.
Lui sa che tutto gli è dovuto. Non chiede, pretende. Non da affetto, concede attenzioni selettive ai suoi sudditi e da loro si aspetta gratitudine e riconoscenza per la considerazione immeritatamente concessa. Non vive con noi, ci tollera.
E’ completamente nero, è forte, fissa gli altri gatti negli occhi, è un provocatore ed è sempre coinvolto nelle zuffe feline del giardino.
Entra nelle case di chiunque gli apra una porta o una finestra, convinto com’è che la razza umana sia costituita da individui creati appositamente per servirlo.
La sua spocchiosa sicumera si incrina solo in una occasione: quando intorno a lui c’è LEI.
Lei è arrivata ad insidiare il regno del maschio alfa circa un anno e mezzo fa. Lui l’ha accolta a suon di soffiate e miagolii gutturali che sembravano provenire direttamente dall’inferno.
E’ piccola, bianca e paurosissima. Quando l’abbiamo adottata non era mai uscita da casa perchè suoi vecchi proprietari non si fidavano nemmeno a lasciarla andare in balcone.
Lei non miagola, pigola. Non mangia: sbocconcella piccole porzioni di cibo. E’ affettuosissima, docile, ubbidiente, timida. E’ terrorizzata da tutto, animali, persone, rumori. Se qualcuno non di famiglia entra in casa sparisce non si sa dove e ricompare solo quando è sicura che l’estraneo se ne sia andato.
Piano piano siamo riusciti a farle prendere un po’ di coraggio: è uscita in balcone e poi in giardino, e dopo mesi passati nascosta sotto i terrazzi ha imparato a gestire gli attacchi degli altri gatti, riuscendo a cavarsela pur giocando sempre in difesa e mai in attacco.
Quando lui rientra in casa all’ora di cena come prima cosa la cerca e, alzata la zampa sul suo collo, la schiaccia a terra. Non spreca tempo ed energie a picchiarla, la mette solo sotto, così, per ricordarle chi è che comanda. Se la ciotola non gli viene riempita immediatamente allora comincia a inseguirla per tutta casa per sfogare su di lei la sua frustrazione.
Lei apparentemente subisce, consapevole che la forza bruta non è il terreno su cui le conviene giocare la sua partita.
Però…poi….
Quando lui dorme lei gli salta addosso improvvisamente, così solo per disturbarlo, e sparisce prima ancora che lui capisca cosa sta succedendo. Quando lui è intento nel religioso rito dell’igiene personale trova mille modi di disturbarne la concentrazione. Quando lui è in bilico su qualche davanzale, lei gli fa perdere l’equilibrio e lo fa cadere. E poi scappa velocissima in un punto della casa in cui, orami lo sa, lui non può raggiungerla.
Durante questi attacchi i mei figli naturalmente tifano per Pepe, mentre io, consapevole di cosa voglia dire sentirsi come un vaso di coccio tra vasi di ferro, solidarizzo con Yuma. E allora la aiuto a difendersi da lui, le riservo i pezzi di pappa migliori, la coperta più calda, il posto più vicino a me, le parole e le carezze più dolci, ecc…
E se penso che l’astuzia consiste nel volgere a proprio vantaggio situazioni sfavorevoli sfruttando le condizioni che si presentano per realizzare i propri fini, io non so proprio dire chi sia il reale vincitore di questa guerra giocata quotidianamente dai miei due gatti…