ASPETTANDO IL LEONE D’ORO

Stasera verrà annunciato il film vincitore di Venezia 79. In attesa che la giuria si esprima, vorrei ricordare il film vincitore del Leone d’Oro lo scorso anno.

Si tratta di LA SCELTA DI ANNE. L’EVENEMENT un film francese, tratto da un libro autobiografico, girato dalla regista Audrey Diwan, che racconta la storia di Anne, una studentessa parigina che, nel 1963 in epoca in cui l’aborto era illegale e chi lo praticava o lo richiedeva rischiava il carcere, si scopre incinta. L’evento non era nei suoi piani e cozza con i suoi progetti di vita, lei vuole terminare gli studi e diventare una scrittrice. Cerca quindi di interrompere la gravidanza.

Qui il trailer del film.

La regista segue Anne nei suoi tentativi di aggirare lacci e lacciuoli legali, sociali, economici, medici, che si frappongono tra lei e la realizzazione della sua scelta.

Premetto subito che la posizione dell’autrice sull’argomento è chiara e di parte, basti dire che c’è un enorme mastodontico assente nel film: il futuro bambino, che non viene mai preso in considerazione e, come persona, semplicemente non esiste.

Il film non ha avuto gli incassi sperati nella scorsa, drammatica stagione cinematografica, ma a me era piaciuto proprio tanto.

Ho trovato Anamaria Vartolomei, l’attrice che interpreta Anne, bravissima. Letteralmente tallonata per tutto il film dalla macchina da presa, è stata capace di dare corpo alla ostinata determinazione della protagonista. Nient’altro giustifica la scelta di Anne se non il fatto che l’avvenimento non collima con la sua volontà, nient’altro la assolve. Con lei non si empatizza.

Mi ha colpito la scelta di mostrare in modo diretto, duro, come l’aborto sia un’esperienza estremamente fisica. Il film ha il coraggio di non nascondere cosa concretamente voglia dire cercare di strappare una vita dal proprio corpo. Le sequenze dell’aborto (e prima dei tentativi casalinghi di farlo) sono dirette, sensoriali ed immersive (cit. Sentieri Selvaggi) e personalmente le ho trovate a tratti addirittura disturbanti. Necessarie però, perché spesso, sull’argomento, si procede per ellissi e mai si mostra in che cosa in concreto consista l’atto dell’abortire.

E’ stata per me toccante la descrizione dell’estrema solitudine in cui questa ragazza si muove. Anne non può condividere il suo problema nessuno. I genitori ne uscirebbero distrutti, il padre del bambino declina la propria responsabilità, il contesto sociale la giudica da un punto di vista morale, i medici ostacolano la sua scelta o dichiarano la propria resa di fronte alle conseguenze legali di un loro eventuale intervento. E così Anne approda all’illegalità subendone le conseguenze fino al rischio della propria vita. E affronta il tutto completamente sola.

Non voglio adesso affrontare la questione di cui tratta il film, sono argomenti che meritano ben altra trattazione che un veloce post! Vorrei solo dire che questi sono i film che mi piacciono. Militanti, scomodi, che raccontano il nostro mondo e prendono posizione sulle grandi questioni del presente, che disturbano lo spettatore, non blandiscono, non rassicurano. Spingono ad uscire dalla propria comfort zone e ad interrogarsi. A prendere posizione.

Perché credo che nel tritacarne di immagini in movimento in cui siamo immersi ogni giorno, il valore del linguaggio cinematografico sia quello di riuscire a mantenere Un’etica della forma che si interroghi ancora sulle responsabilità insite nell’atto del guardare (cit. Sentieri Selvaggi).

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