Riflessioni antelucane

Ore 4.05 am.
Zzzz zzzz
Ron …ron… (fusa)
Zzzzzz sssstt!!
Ron.. ron… rooooooonnn ….+ strusciata sulla faccia
Shhh!!! …Stump! (pedata per tentare di allontanare il felino)
Ron …roooon…. Meoooowwww…
Sgrunt!….Snort!….. Stock! (tentativo di schiacciare il felino)
Meow …. Meooowww …lap lap (leccatine sugli occhi)
Umpf …. Luca la senti?
………..
Meow ….meoooww….. meeeoooowwwww!!!!
Luca Yuma ha fame!!
……………
Luca?
……………
Ron ron rooooonnn meoooowwww!!! Lap lap + unghie conficcate sul braccio
Sigh… Sob…

E così, dopo l’ultima inutile ricerca di supporto da parte di un marito riverso come un cadavere al mio fianco o, in alternativa, di uccidere la gattina, ho aperto gli occhi.

Ho sempre lottato contro l’insonnia e i disturbi del sonno. Solo dopo il raggiungimento della piena maturità e l’essermi data una calmata nella vita lavorativa e personale, ho smesso di collezionare notti in bianco e risvegli antelucani. Queste sono ormai occorrenze sporadiche e – per fortuna – quasi sempre indotte da fattori esterni.

Per me le ore sveglia a fissare le tenebre sono sempre state il momento dei bilanci e dell’affacciarsi delle paure che, non soffocate dalle incombenze diurne, scorrazzano libere nella mia mente ingigantendosi sempre di più. E così passo dai dubbi intimistici (Quali dei traguardi che mi ero prefissata da giovane ho raggiunto? Ho veramente fatto tutto quello per cui avevo le capacità? Sono una buona madre?), alle paure per il futuro (Se succede qualcosa a Luca io come posso sopravvivere da sola?  E se succede qualcosa ai ragazzi? E se prendono brutte strade?) a cenni di pessimismo cosmico (Guerra, surriscaldamento globale, impoverimento collettivo, equilibri geopolitici in ridefinizione, ecc.. in che mondo vivranno i miei figli?).

Se però poi ci penso meglio, vedo che, nei mie bilanci, i segni meno sono sempre davanti ai ciò che HO (o non ho) fatto, che potrei fare se..; mentre quelli più sono davanti a ciò che SONO diventata.

Forse allora, mi dico sotto lo sguardo attento e perplesso di Yuma, il segreto non sta nello struggersi per quello che si è o non si è fatto, ma nel chiedersi se si è soddisfatti di chi si è diventati. Non contano le bandierine piantate rispetto alle programmate, specie perché di solito le si programma senza conoscere i vincoli e le opportunità che la vita ci riserverà, né come cambieranno valori e desideri personali nell’arco nel tempo. Conta il tipo di persona che si è diventati.

E mi viene in mente che qualcuno ha scritto che l’uomo da sempre è alla ricerca della felicità. Ma, per essere felice, alla ricerca della propria felicità va unita la ricerca di sé. Aver intuito qual è il nostro scopo, per cosa siamo stati creati, a cosa siano portati, possono essere tutte motivazioni che ci spingono non solo alla ricerca del nostro benessere, ma anche di quello degli altri.

Ed è vero, mi sono detta lì, alle 4.30 del mattino, a piedi nudi, in camicia da notte, accucciata al buio a versare pappa maleodorante nella ciotola della gatta: il senso della vita è quello di trovare il nostro dono. Lo scopo della vita è quello di regalarlo (cit. Pablo Picasso).

Yuma, inconsapevole spettatrice dell’epifània esistenziale, dopo aver mangiato è tornata a ronfare, Luca non si è accorto di nulla, io non ho più dormito.

P.S. per chi volesse qui c’è una efficace riproduzione animata di quanto ho cercato di rendere in modo assai meno efficace con le onomatopee…. (video del bravissimo Simon’s cat)

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