Il pensiero bianco/1

La professoressa di italiano di Tommaso suggerisce ai suoi studenti diversi libri da leggere. Libri che vengono da me acquistati – rigorosamente in cartaceo – consegnati trepidamente a mio figlio che li depone su una mensola dove rimangono a prendere polvere, e da dove io, che durante le vacanze estive sono sempre alla ricerca di qualcosa da leggere, li riprendo. E’ così che mi è capitato tra le mani Il pensiero bianco – Non si nasce bianchi, lo si diventa scritto da Lilian Thuram ex calciatore di successo nato in Guadalupa e cresciuto in Francia che ha giocato nella nazionale francese e militato anche nella Juventus.

Ho trovato questo saggio che cerca di raccontare che cos’è il pensiero bianco, come è nato, come agisce e come si è diffuso per il mondo, veramente illuminante.

Sono da sempre appassionatissima di storia, l’ho studiata all’università, guardo tutte le trasmissioni di argomento storico che mi capita di incrociare, sono praticamente una groupie del professor Barbero. E’ per questo che mi ha stupito trovare in questo libro informazioni che nei miei tanti testi scolastici non erano raccontate o lo erano in modo molto diverso.

Ad esempio che oltre il 10% della popolazione mondiale, ovvero oltre 50 milioni di esseri umani, sono stati uccisi dai colonizzatori all’inizio di quel periodo storico che tanto decantiamo detto Rinascimento.

Oppure rendermi conto di come automaticamente associamo la parola  “schiavitù” a “neri”, nonostante  sia esistita fino al XIX secolo anche una tratta dei bianchi. E deve essere stata anche un fenomeno importante se la parola schiavo deriva da “slavo”, perché i popoli dell’Europa orientale erano spesso ridotti in schiavitù. Nel nostro inconscio collettivo i bianchi non sono mai stati ridotti in servitù, come se nessuno avesse mai pensato di fare loro questo affronto, come se solo i neri potessero subirlo.

Ho scoperto che nel 1875, cioè cento anni dopo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, nei territori coloniali di quella stessa Francia che aveva fatto La Rivoluzione al motto di Liberté égalité fraternité,  veniva emanato il Code de l’indigénat, cioè un corpus di leggi che legalizzava la “responsabilità collettiva” ( se un individuo non bianco commetteva un crimine la sua intera comunità veniva considerata colpevole) e dava ai giudici ordine di infliggere le pene più severe nei confronti dei non bianchi, anche in assenza di prove.

Ma soprattutto mi ha colpito la parte in cui l’autore racconta: “Spesso, quando chiedo ai bambini neri come immaginano Dio, rispondono che è un uomo con una lunga barba bianca e capelli bianchi. Alla mia domanda sul colore della sua pelle, tutti rispondono che è bianco. E quando dico “Ma se Dio ha fatto l’uomo a Sua immagine, come puoi tu, ragazzo “marrone” immaginare che Dio sia bianco?” Rimangono sorpresi. Che siate bianchi o neri , Dio  è bianco”.

Continua con la seconda parte

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